Onorevoli Colleghi! - A distanza di quasi diciotto anni dall'entrata in vigore della legge 4 maggio 1983, n. 184, il Parlamento ha approvato la legge 28 marzo 2001, n. 149, che ha riformato con rilevanti novità la disciplina dell'adozione oggetto del provvedimento citato; quest'ultima, infatti, aveva mostrato alcune lacune, specie in relazione alla lentezza delle procedure e al verificarsi di casi di difficile interpretazione normativa mentre su alcune delle sue disposizioni erano addirittura intervenute pronunce di illegittimità della Corte costituzionale. Le nuove disposizioni, pertanto, hanno parzialmente recepito le istanze che da tempo erano emerse nell'ambito della società civile, delineando una disciplina di diritto sostanziale processuale dell'adozione più aderente alle aspirazioni e alle necessità dei genitori adottivi. La ratio ispiratrice della riforma è che il minore ha diritto di crescere e di essere educato nell'ambito della propria famiglia. Dopo avere stabilito che le condizioni di povertà dei genitori non rappresentano di per sé un ostacolo all'esercizio del diritto fondamentale citato, viene previsto che a favore della famiglia siano disposti interventi di sostegno e di aiuto e che l'ente locale, nei limiti delle proprie competenze e risorse, intervenga con misure specifiche atte a rimuovere le cause economiche, personali e sociali che impediscono alla famiglia di svolgere i propri compiti. Solo nel caso in cui gli interventi dedicati alla famiglia non si dimostrino in grado di sostenere adeguatamente la crescita e l'educazione del minore, si applicano gli istituti dell'affidamento e dell'adozione.
      La disciplina dell'adozione, per quanto riguarda i requisiti, prevede che le coppie aspiranti all'adozione debbano essere unite in matrimonio da almeno tre anni,

 

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ma contempla che in questo triennio venga computata anche l'eventuale e continuativa convivenza prematrimoniale. Inoltre il limite massimo del divario di età tra adottante e adottato viene portato a 45 anni; nel contempo i limiti minimi e massimi di età possono sempre essere derogati, caso per caso, da parte del tribunale per i minorenni, qualora dalla mancata adozione derivi un danno grave e non altrimenti evitabile al minore.
      Il procedimento di adozione si divide in tre fasi: 1) accertamento dello stato di abbandono, che si conclude con la dichiarazione di adottabilità; 2) scelta dei coniugi idonei a corrispondere alle esigenze del minore e affidamento preadottivo; 3) verifica del periodo di affidamento, che si conclude con la pronuncia della sentenza di adozione, ovvero, in caso di valutazione negativa, di sentenza che dichiara l'assenza delle condizioni sufficienti e necessarie all'adozione. La conditio per avviare la procedura di adozione resta la dichiarazione di adottabilità per la quale la nuova normativa, in accoglimento di un'esigenza largamente avvertita ed in attuazione dei princìpi costituzionali del giusto processo e del diritto di difesa, prevede l'assistenza obbligatoria del difensore fin dai primi atti, non solo per i genitori e i parenti che partecipano nel procedimento, ma anche per il minore. Ciò significa che a tutela del minore dovrà essere nominato un curatore speciale che lo assista in qualità di difensore. La segnalazione della condizione di abbandono va effettuata non più al tribunale per i minorenni, ma al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni. Questo farà sì che il tribunale sia in posizione di più evidente terzietà rispetto alla situazione su cui è chiamato a giudicare.
      Lo stesso procuratore della Repubblica viene investito del compito di effettuare visite periodiche negli istituti che ospitano minori, al fine di verificare l'eventuale stato di abbandono dei minori ospitati. Il rispetto per le garanzie difensive fa sì che la procedura per la dichiarazione di adottabilità inizi con l'avvertimento ai genitori e ai parenti della possibilità di nominare un difensore di fiducia, altrimenti il giudice del tribunale per i minorenni deve provvedere alla nomina di un difensore di ufficio. Ove in seguito agli accertamenti risulti la situazione di abbandono, il tribunale dichiara, con sentenza in camera di consiglio, lo stato di adottabilità oppure l'archiviazione; contro la sentenza possono proporre impugnazione davanti alla corte d'appello, sezione per i minorenni, il pubblico ministero, i genitori, i parenti, il tutore e il curatore speciale. Contro la decisione dei giudici di appello si può ricorrere in Cassazione. Anche il minore potrà esprimere la propria opinione prima di essere adottato: chi ha già compiuto 14 anni di età dovrà dare consenso esplicito. I minori tra i 12 e i 14 anni di età saranno ascoltati personalmente dal magistrato. Se il minore ha un'età inferiore sarà ascoltato, vagliando la sua capacità di discernimento. E anche i figli legittimi di una coppia che chiede un bambino in adozione devono essere ascoltati dai magistrati se hanno già compiuto 14 anni di età.
      La normativa attualmente in vigore può però essere migliorata anche prevedendo tempi certi e più ragionevoli per l'adozione. Infatti oggi permangono lungaggini burocratiche che gravano sulle procedure che accordano la facoltà alla coppia di adottare. Questa proposta di legge configura tempi e modi circoscritti affinché il diritto della coppia di adottare non sia compromesso da molti anni di attesa, con aspettative che troppo spesso non si concretizzano. Con la tempistica prevista da questa proposta di legge il diritto della coppia di vedere adottati dei bambini sarà più semplice e meno gravoso.
      L'articolo 1 riduce i termini del matrimonio o della stabile convivenza per poter adottare il minore da tre anni a due anni.
      L'articolo 2 riduce il termine a un mese (attualmente di sei mesi) per gli istituti di assistenza pubblici e privati e per le comunità di tipo familiare che devono trasmettere al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni l'elenco dei minori collocati presso le loro sedi.
 

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      L'articolo 3 sostituisce le parole «all'occorrenza» con «ove necessario» per quanto riguarda gli accertamenti sulle condizioni giuridiche di permanenza e di fatto del minore, nonché sull'ambiente in cui ha vissuto e vive al fine di verificare se sussiste lo stato di abbandono. Gli accertamenti devono essere avviati e conclusi entro sessanta giorni. Con provvedimento motivato, il termine entro cui gli accertamenti devono concludersi può essere prorogato una sola volta e per non più di sessanta giorni. Per snellire i tempi viene sostituito al tribunale per i minorenni il presidente del tribunale per i minorenni o un giudice da lui delegato. Viene inoltre stabilito il termine di quindici giorni in luogo degli attuali trenta per confermare o per revocare i provvedimenti assunti.
      L'articolo 4 riduce il termine per la richiesta della sospensione della procedura di adottabilità da due mesi ad un mese.
      L'articolo 5 riguarda l'affidamento preadottivo e stabilisce il termine di quaranta giorni per la decisione della corte d'appello per il ricorso del pubblico ministero o del tutore sul decreto del tribunale relativo all'affidamento preadottivo.
      L'articolo 6 riguarda il ricorso davanti alla corte d'appello avverso la sentenza che dichiara se dare luogo all'adozione. La decisione deve avvenire entro quaranta giorni. Avverso la sentenza della corte d'appello è ammesso ricorso per cassazione entro dieci giorni dalla notifica della sentenza. La Corte di cassazione si pronuncia sul ricorso entro quaranta giorni dal deposito in cancelleria.
 

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